Antonio Buonora

Penso alla dialisi come un’ancora di salvezza, non una condanna

Grazie anche ad Antonio Buonora che ha risposto alla nostra iniziativa con cui abbiamo chiesto ai nostri pazienti di raccontare la propria storia per condividerla su questo sito e i nostri social, in modo da aiutare altri pazienti ad affrontare il percorso della dialisi e dei trapianti.

A circa vent’anni Antonio inizia a soffrire di forti mal di testa senza capirne la causa, fin quando scopre che si tratta di una grave ipertensione e, successivamente, al Policlinico di Bari gli viene diagnosticata un’insufficienza renale con malformazione plurima vascolare renale. I medici gli prescrivono una cura conservativa sia con farmaci ipertensivi che con una ferrea dieta aproteica: erano i primi anni ’80 e gli unici prodotti aproteici disponibili erano due tipi di pasta, una farina e delle fette biscottate quindi portare avanti quel tipo di dieta per Antonio è stato duro.

Nel 1988 si rende necessaria la dialisi: il primo impatto alla notizia fu di rassegnazione e accettazione. Certo a 27 anni non è facile ma, il sostegno della famiglia e soprattutto di amiche ed amici che gli sono stati sempre vicino, non gli ha fatto pesare troppo la situazione. Inoltre, lavorando in proprio con la sua famiglia nella gestione e coltivazione dei loro terreni, Antonio poteva organizzare il lavoro in base alle sue forze e senza dipendere da nessuno.

Un altro prezioso aiuto gli è arrivato dal personale medico-infermieristico che ha incontrato durante tutto il suo percorso, come l’ottimo team medico del reparto di Nefrologia del Policlinico di Bari che lo ha aiutato ad affrontare la dialisi senza grossi traumi e illustrandogli da subito le diverse possibilità di trapianto.

Antonio inizia la dialisi al Miulli di Acquaviva delle Fonti, per motivi logistici e su consiglio di un giovanissimo dottor Lomonte (oggi primario della Nefrologia e dialisi in quell’ospedale), poi viene spostato ad una sede UAL distaccata a Castellaneta (da alcuni anni gestita da NephroCare) dove dializza tutt’ora.

Qui trova un personale medico e infermieristico (guidato dall’allora primario dottor Chiarulli - pioniere insieme al dottor Casucci "padre" di una delle prime dialisi al sud) che Antonio definisce “di prim’ordine” e come “una seconda famiglia”.

Queste le sue parole: “Con il personale si è creato un legame affettivo fatto di rispetto reciproco e di tanta fiducia. Oggi con il subentro della NephroCare le cose non sono cambiate: né la professionalità, né il modus operandi; abbiamo avuto la fortuna di conoscere nuovi medici giovanissimi ma bravissimi che ci seguono e ci guidano.  A loro va il mio grazie di cuore per tutto quello che fanno ogni giorno per noi.”

Dopo appena 9 mesi di dialisi, nel dicembre 1988, Antonio si sottopone ad un trapianto di rene da donatore vivente (la madre), al Policlinico di Milano: il trapianto dura per ben 17 anni, durante i quali vive benissimo e diventa anche padre due volte!

Nel 2005 rientra in dialisi ma anche questa volta senza grandi traumi: Antonio ci spiega che ha sempre cercato di vivere la dialisi con leggerezza e spensieratezza nonostante non fosse una passeggiata, l’ha considerata un’ancora di salvezza e non una condanna anche grazie allo splendido rapporto con il personale medico e infermieristico, in primis la dottoressa Recchia che è diventata per lui una sorta di guida spirituale (li vediamo insieme nella foto a lato).

Terminiamo l’articolo con le parole che Antonio dedica a chi ha appena iniziato la dialisi o sta per farlo: “il primo impatto può incutere paura, soprattutto per le limitazioni, ma restate sereni perché dopo i primi momenti di sconforto si impara a gestire l'alimentazione (limitando i cibi meno consigliati), l'assunzione di liquidi e soprattutto a riorganizzare le proprie giornate. Oggi ho una ridotta deambulazione per altre patologie ma in tutti questi anni mi sono privato di pochissimo sia nell'alimentazione (assaggiando tutto con moderazione) sia nella mia vita oltre la dialisi!”.